Loris Carbonelli, allenatore del Casalbordino da quest'estate, ha un aspetto mite e modi gentili. Nato a Cupello nel 1965 (madre di Casalbordino e papà di Scerni, sposato con la sig.ra Ida e papà del 17enne Mattia), non dimostra affatto i suoi 49 anni e scherza su questo particolare: “sarà per questo aspetto giovanile che non vengo preso troppo sul serio dai giocatori”. Ci incontriamo per questa chiaccherata nel bar di fronte la Basilica della Madonna dei Miracoli, chissà che questa location non porti bene.....
Il tono della voce è pacato, in linea con il personaggio che ama più essere che apparire. Gli chiedo per prima cosa di presentarsi “calcisticamente”.
Domanda: Pur avendo diversi amici a Casalbordino, sei abbastanza nuovo per la piazza. Raccontaci di te. Qual'è stata la tua trafila calcistica sia da giocatore che da allenatore?
Risposta: Ho debuttato a 17 anni nella stagione 82-83 nel Cupello in prima categoria ed ho proseguito negli anni successivi sempre nel Cupello e poi nel Carpineto Sinello. Nel 1989/90, ad appena 25 anni, per ragioni di lavoro (n.d.c aveva accettato l'offerta di una ditta di San Nicolò a Tordino, nel teramano, dove si trasferisce) ho dovuto interrompere con il calcio giocato con grande dispiacere. Quando verso il 2002 sono tornato a Cupello, sono stato di nuovo coinvolto da amici e conoscenti finendo per creare insieme la realtà dello United Cupello ed inziando lì la mia esperienza di allenatore culminata con la promozione nel 2006 in 2a categoria. Da lì il passaggio alla Virtus e la responsabilità del settore giovanile dove nel corso degli anni successivi sono arrivate due vittorie con gli juniores provinciali, una salvezza coi giovanissimi regionali ed un'altra con gli allievi sempre regionali. Nel 2012-13 affianco il tecnico Buda come secondo e vinciamo ai play-off il campionato di Promozione. Quindi la delusione dello scorso anno. Ci aspettavamo entrambi di essere confermati in Eccellenza, ma la proprietà decide diversamente sostituendo Buda con Memmo. Buda si trasferì al Celenza, mentre io rimasi sempre come secondo debuttando come primo tecnico in due partite (una di campionato ed una di coppa). Siamo arrivati così al 2014 ed al passaggio al Casalbordino.
D: Ecco, per l'appunto, cosa ti ha spinto a venire qui? Quali sono state le tue motivazioni?
R: La voglia di rimettermi in discussione assumendo finalmente la responsabilità di una prima squadra ha giocato un ruolo determinante. Poi l'importanza della piazza. Casalbordino, almeno per quelli della mia generazione, ha sempre esercitato un certo fascino. Ricordo ancora i campionati disputati da quella squadra in promozione, quando era il massimo campionato regionale, ed il valore di certi giocatori, in particolare Franco Cericola. Il pubblico è esigente e caloroso (gli ultras in particolare) e questo per me rappresenta uno stimolo in più. Poi mi ha convinto la determinazione e la “freschezza” dei dirigenti. Non è facile, sopratutto in questo periodo, trovare persone così motivate ed entusiaste. Conoscevo già da tempo Sandro Del Monte con cui avevo frequentato un corso di allenatore e che in passato aveva fatto il mio nome per la panchina; conoscevo Amerigo Tiberio ed anche da lui avevo ricevuto inviti per allenare le giovanili. Poi quest'anno si è presentato il patron Santoro con progetti ed obiettivi chiari ed ho detto sì in modo convinto.
D: Qual'è la tua idea di calcio? Quali gli schemi ed una tua valutazione sulla rosa del Casalbordino.
R: Durante tutta la mia carriera nelle giovanili ho sempre pensato a curare più l'aspetto educativo, di cultura sportiva. Allenare i ragazzi mi ha sempre dato un gran soddisfazione, pensando che il calcio li avrebbe potuti allontanare da altre, pericolose tentazioni. Ora le cose sono cambiate e mi trovo a dover rispettare gli obiettivi sportivi che la società mi ha posto (leggi vittoria campionato). Per ottenere ciò devo curare tre aspetti fondamentali che sono quello tecnico-tattico, quello fisico e quello mentale. In campo la priorità è il possesso palla ed il controllo del gioco. Gli schemi sono sempre in funzione del tipo di giocatori a disposizione e della loro attitudine al rispetto delle consegne. Ad inizio stagione eravamo partiti con un 4-3-3, poi siamo passati ad un 3-5-2 che ci consente maggior equilibrio. Nel nostro caso ho la fortuna di avere come centrale difensivo Ottaviano e come centrale di centrocampo Di Pasquale, due giocatori di categoria superiore e dai piedi buoni che sanno come impostare l'azione già dal limite della nostra area. L'azione poi può svilupparsi o per corsie laterali (Lombardozzi a sinistra e Farina a destra ) o per vie centrali sfruttando il lavoro sporco, ma utilissimo di Sputore, che arretrando consente di portare via un difensore e creare lo spazio per gli inserimenti o di Della Penna o di una mezzala. Ecco se proprio dovessi trovare un difetto nella rosa, parlerei della mancanza di una mezzala sinistra visto che in quel ruolo sono costretto ad adattare Del Giango o Lanza che sono destri. Ma comunque siamo in grado di cavarcela lo stesso con buoni risultati.
D: A che punto è il tuo lavoro con i giocatori e quali le prospettive dopo la vittoria di Fresa?
R: Il mio compito fondamentale è dare una precisa organizzazione di gioco alla squadra. E per questo occorre inevitabilmente del tempo, anche se, sopratutto dopo Fresa, siamo sulla buona strada. E' normale poi che ci siano dei giocatori più predisposti di altri a recepire certe direttive. Bozzella, tanto per fare un nome, è quello che sta facendo i progressi maggiori. Per altri occorrerà lavorare di più facendo loro capire che prima di tutto viene il bene della squadra e poi quello personale. Su di un piano specifico mi rammarico ancora della nostra sofferenza sulle palle inattive. E' inconcepibile dover concedere ancora così tante occasioni ai nostri avversari e non sfruttare al contario le nostre azioni d'attacco. Sono ancora pochissime le reti segnate su angolo e dire che abbiamo ottimi colpitori come Sputore, Ottaviano o Fiermonte. Ora, pare che a Fresa, ci siamo sbloccati sotto questo punto di vista. Ma dovremo lavorare ancora parecchio. Su di un piano più generale coesione e adattamento alla categoria sono i concetti chiave se vogliamo ottenere il premio finale: coesione nel senso appunto di uno spirito di sacrificio collettivo, adattamento nel senso di calarsi rapidamente nello spirito di questa categoria. Assorbiti questi concetti i risultati verranno automaticamente.
D: Qualcuno pensa che il tuo comportamento in panchina sia troppo “soft”, che tu non ti faccia “sentire” dai giocatori. Cosa ne dici?
R: La mia tranquillità è solo dovuta alla concentrazione nel seguire la partita. Non ho tempo di urlare perchè sono troppo impegnato nell'analizzare la varie situazioni di gioco. Ma le direttive sono sempre arrivate a destinazione.
D: Qualcos'altro oltre il calcio? Hai degli hobbies?
R: No, nessuno. Il calcio mi assorbe a 360° e sono contento così.
D: Dove potrà arrivare il Casalbordino?
R: Il più in alto possibile. Il 1° posto in Campionato e la vittoria in Coppa Abruzzo sarebbero perfetti.
(intervista a cura di Giustiniano Genovesi)